Caro padre, caro compagno,
tu, mio seme che onoro,
tu che, in letizia,
io ricordo e adoro
perché, pur avendomi generato,
non hai preteso
che la mia vita fosse tua,
ch'io ti restituissi
quel che mi hai dato;
caro padre, caro amico,
che non ti sei appropriato
dei miei sentimenti
come un bene da sfruttare,
ma con allegra sapienza
hai lasciato
che fossi io a saldare
la tua gioia alla mia;
caro padre, caro fratello
che non hai chiesto rispetto,
che non hai nutrito il tuo affetto
di cautela e premura:
il mio amore per te
è radicato e perdura.
Caro padre, caro figlio,
che non hai imposto esami,
che hai esaltato tra noi
i trinitari legami
della parola, eucaristico cibo;
caro padre, caro padre,
più fantasioso che saggio,
il ricordo di te è il volante
che mi ha guidato in equilibrio
verso l'umano ancoraggio.
Tu eri, io sono:
tu assente, resisto, vivo
della voglia di spendere
ciò che hai guadagnato
del desiderio di trasformare
ciò che hai creato.
Raffaele Crovi, 1989